Ansel Adams ha sviluppato il metodo del Sistema Zonale per il controllo fine dell’esposizione e della stampa. Ancora oggi, nell’era digitale, questo sistema mantiene il suo valore.
Nel 1940, Ansel Adams ha sviluppato con il suo collega Fred Archer, della Art Center School di Los Angeles, il Sistema Zonale.
Da tempo i fotografi erano a conoscenza della possibilità durante il processo di sviluppo di modificare il contrasto del negativo. Un tempo di sviluppo più corto riduce il contrasto rendendo l’immagine più morbida, mentre un tempo più lungo lo aumenta. Con il sistema zonale messo a punto da Ansel Adams e Archer si gettarono le basi del corretto processo fotografico dove il risultato finale, ossia la stampa, deve essere raggiunto o quanto meno avvicinato, già nel momento dello scatto. Questo fu reso possibile valutando correttamente i valori chiari e scuri della scena e realizzando una corretta esposizione.
Le differenti tonalità dei toni di grigi presenti in una scena sono determinate dalla quantità di argento presente nell’emulsione
Per quantità elevate di argento ci troviamo davanti al massimo annerimento. Per quantità ridotte ci troviamo alle zone di minimo annerimento sino alla minima quantità che lascia intatto il bianco del supporto della carta visto attraverso la gelatina.
In questo modo abbiamo rappresentato i due estremi dei toni: il bianco e il nero. Ovviamente all’interno di questi valori abbiamo un range di un’infinità di grigi intermedi che formano, appunto, una scala zonale continua. Proprio la continuità di questa scala infinita di grigi, comporta grosse difficoltà a poterla gestire correttamente Proprio per il fatto che la scala tonale è continua, quindi composta da infiniti grigi fra il bianco e il nero, che si hanno difficoltà nel controllarla.
Infatti, è ben più facile controllare un valore discreto e definito di toni, facilmente riconoscibili, anziché una quantità continua. Proprio per questo è stata definita una scala .
La divisione della scala tonale
Proprio per questo motivo la scala tonale è stata divisa in più parti, dette zone, che vanno dal bianco puro al nero assoluto. Ciascuna di queste zone rappresenta un determinato tono di grigio che è rappresentativo di una porzione di toni di grigio.
Questa suddivisione ovviamente è totalmente teorica poiché le macchine analogiche continueranno a registrare in ogni caso una scala tonale continua. Le macchine digitali, proprio per la natura digitale che è discreta, non potrà essere comparabile alla continuità tonale permessa del rullino ma sicuramente con un numero di zone molto elevato.
Le zone identificate da Ansel Adams, sono 11 e vanno dalla zona “0” (zero) alla “X” (dieci). Più esattamente, la zona “0” rappresenta il nero assoluto, la zona “V” il grigio medio Kodak con riflettanza del 18%, e la zona “X” il bianco puro.
Per rendere più chiaro il passaggio da una zona all’altra basta ricordare che la differenza è di un solo stop, quindi tra una zona “IV” e una zona “III” vi è un diaframma di distanza che sarà ovviamente più chiuso, mentre se andiamo dalla “VI” alla “VII” sarà un diaframma più aperto. Infatti la zona “VI” è più chiara della “V” in quanto è più vicina alla “X”, che rappresenta il bianco puro.
Sistema zonale
Lo scarto di brillanza e la luminosità
Quando in fotografia si parla di contrasto ci stiamo in realtà riferendo allo scarto di brillanza. Cerchiamo di capire esattamente cosa significa ma per farlo occorre fare alcune semplici considerazioni.
Partiamo da una prima considerazione che potrebbe sembrare ovvia ma che è sempre bene ricordare. Affinché un oggetto sia visibile alla vista, o nel caso della fotografia, al sensore (o alla pellicola) è necessario che la luce che lo colpisce venga riflessa. Gli oggetti che rifletto molta luce appaiono molto chiari e al limite bianchi, mentre quelli che riflettono poca luce appariranno scuri o al limite neri. In fotografia le zone molto illuminate vengono definite alte luci mentre quelle più scure sono definite ombre.
Ovviamente in scene ad elevato contrasto, quindi con molte zone luminose e molte zone in ombra l’identificazione è semplice. Nel caso di scene con molti oggetti e molte luci contemporaneamente la lettura delle varie zone diventa più complicata. Per questo si definisce lo scarto di brillanza che è il rapporto che esiste tra il punto più scuro e il punto più chiaro della scena.
Ora supponiamo di fotografare in pieno sole una casa bianca, con dei pergolati che generano molta ombra. Se le zone in ombra, quindi quelle più scure, riflettono una quantità di luce pari a 1 è assai probabile che i muri bianchi della casa rifletta, per esempio, 10.000.
In questo caso possiamo dire che lo scarto di brillanza sarà pari a 1:10.000.
Come è facile capire, capita spesso che fotografando in qualsiasi condizione di luce natura si possa arrivare a scarti di brillanza cosi simili.
Come ci si può immaginare la fotografia, a differenza di quello che può fare la vista, ha dei limiti molto grossi è non è possibile poter rendere scarti di brillanza cosi elevati, tanto che nelle stampe di alta qualità, sono compresi tra 1 e 100. Di fatto ci troviamo costretti a fare i conti con questa compressione dei toni della scena reale che il nostro cervello accetta grazie a un complicato meccanismo di psicologia chiamata percezione.
Il Sistema Zonale e gli stop
In fotografia, l’unità di misura è lo stop. Che si parli di apertura o chiusura del diaframma, o tempi di scatto più veloci o più lenti o di ISO, il passaggio tra uno stop e il successivo è legato alla quantità di luce che può entrare. Quindi, per esempio, chiudendo il diaframma di uno stop, significa far entrare esattamente la metà della luce. Analogamente passare da un tempo di scatto di 1/250 a 1/125 entra il doppio della luce.
Per esempio, in un paesaggio lo scarto di brillanza tra il punto più chiaro e quello più scuro potrebbe essere di 1 a 1.024: il punto più chiaro riflette 1.024 volte più di quello scuro, con una differenza di log(2) di 1024 – log(2) 2 = 9 stop. Questa differenza di contrasto che potrebbe catturare il sensore, non può essere trasferito su carta che al massimo riesce a rappresentare 7 stop.
Intervallo dinamico
Vediamo ora cosa accade nel mondo dei sensori digitali. In questo caso si parla di intervallo dinamico, ossia del rapporto tra la massima luminanza e minima luminanza catturabile dal sensore. Se un sensore è in grado di catturare una luminanza massima di 30.000 cd/m2 e una luminanza minima di 0,3 cd/m2, il suo intervallo dinamico è 30.000 / 0,3 = 100.000 e si indica come 100.000:1 o 1:100.000.
Ritornando a quello che è il sistema di riferimento usato in fotografia, ossia gli stop, anche in questo caso dobbiamo ricondurre i valori di luminanza indicati a dei valori ottenuti dal logaritmo in base 2.
Usiamo la scala che utilizzi il logaritmo in base 2 dell’intervallo dinamico, perciò il valore in stop è 16,1 (log 2 di 100000).
L’intervallo dinamico espresso in scala logaritmica indica il numero di volte che occorre dimezzare il valore massimo per raggiungere il valore minimo.
Sistema zonale
Il Sistema Zonale ideato da Adams e Archer è formato 11 zone numerate da 0 a 10. Nel diagramma nella Zona 5 equivale a un tono medio.
Spostandoci di stop in meno ci troviamo in zona 4 di due stop nella zona 3 e così via. Viceversa con uno stop in più ci troviamo in una zona più chiara che è la zona 6, mentre di due stop in zona 7 e cosi via.
Spostandoci in zona 2, ossia 3 stop in meno della zona 5 ci troveremo in una zona troppa scura perché possa contenere dettagli. Stessa situazione si verifica per zone 3 stop più luminose rispetto alla zona 5. Oltre la zona 8 la zona dell’immagine è troppo chiara per contenere dettagli distinguibili.
Il Sistema Zonale e la fotografia digitale
Contrariamente a quanti dicono che il sistema zonale sia utilizzabile solo per la fotografia analogica, anche la fotografia digitale può trarre beneficio da questo approccio per ottenere una corretta esposizione. Nel digitale la post produzione può risolvere solo in parte problemi di esposizione perché si deve sempre fare i conti con quello che è la gamma dinamica, ossia la capacità del sensore di leggere correttamente tanto le zone delle alte luci quanto quelle in ombra.
Per poter beneficiare dei vantaggi di utilizzare il Sistema Zonale dobbiamo impostare la nostra fotocamera con l’esposimetro in modalità SPOT ( quindi non applicabile per le modalità ponderata centrale e matrix) ed ovviamente è necessario impostare la macchina completamente in manuale.
Maximiliano Fagioli
Fotografo
Fondatore e docente di Corsi di Fotografia, da circa 10 anni si occupa di formazione nel campo della fotografia con all’attivo più di 30 corsi con oltre 500 studenti. Ritrattista e fotografo di matrimonio fa della fotografia un prezioso strumento artistico e di comunicazione. Maggiori informazioni su www.maxfagioliphotography.it