Uno dei più grandi fotografi di guerra, il fotoreporter Robert Capa (1913-1954), nato in Ungheria, ma naturalizzato statunitense, ha fotografato i tumultuosi anni ’30 e le guerre che seguirono.
In un certo senso Robert Capa si è inventato da solo. Figlio di genitori ebrei della classe media, nacque Endre Friedmann a Budapest nell’allora Austria-Ungheria. È cresciuto sotto la dittatura del reggente Nicholas Horthy, ma ha accettato le idee dell’artista Lajos Kassák, che ha guidato il movimento d’avanguardia in Ungheria.
Le convinzioni antiautoritarie, antifasciste, a favore del lavoro, egualitarie e pacifiste di Kassák hanno influenzato Capa per il resto della sua vita.
All’età di 18 anni Capa fu arrestato dalla polizia segreta per le sue attività politiche. Fu rilasciato grazie all’intervento di suo padre, ma fu bandito dall’Ungheria.
Robert Capa uno dei più grandi fotografi di guerra, il fotoreporter
Robert Capa si trasferisce a Berlino
Trasferitosi a Berlino nel 1931, lavorò come assistente di camera oscura presso Dephot (Deutscher Photodienst), la principale impresa di fotoreporter in Germania.
Questa agenzia si distingueva per l’uso delle nuove piccole fotocamere e della pellicola veloce che consentivano ai fotografi di catturare gesti fugaci e di scattare foto anche in condizioni di scarsa illuminazione.
Con questi progressi il fotografo ha potuto concentrarsi sugli eventi umani e allontanarsi dalle file di diplomatici accuratamente posati che avevano caratterizzato la fotografia di cronaca fino a quel momento.
Capa imparò presto ad utilizzare le nuove macchine fotografiche e di tanto in tanto veniva inviato per piccoli incarichi fotografici. Nella sua prima grande occasione, è stato inviato a Copenaghen per fotografare Leon Trotsky. Le sue foto di un appassionato Trotsky che si rivolge alla folla catturano il carismatico stile oratorio di Trotsky.
“In una guerra si deve odiare qualcuno oppure amare qualcuno; è necessario avere una posizione oppure non si può capire ciò che succede.”
Nasce il mito di Robert Capa
Con l’ascesa al potere di Hitler, Capa si trasferì a Parigi. Lì incontrò Gerda Pohorylles, che si faceva chiamare Gerda Taro, e se ne innamorò.
Ha scritto il testo per le sue storie e ha agito come suo agente per diverso tempo. Grazie ai consigli di Gerda Taro scoprì che poteva farsi pagare molto di più per una foto scattata da un fotografo “ricco e americano” di nome Robert Capa che per le fotografie di un povero ungherese di nome Endre Friedmann. Nasce così Robert Capa, e la sua fama internazionale.
Robert Capa e la guerra civile spagnola
Capa e Taro furono inviati in Spagna per seguire la guerra civile spagnola, dove Capa scattò la foto che lo rese famoso: un soldato lealista morente che cadeva a causa dell’impatto di un proiettile.
“Falling Soldier” è in assoluto la foto più famosa di Robert Capa, ma anche la più discussa. Negli ultimi anni, infatti, lo scatto, che ritrae un soldato colpito a morte durante la guerra civile spagnola, è stato giudicato un falso. Il celebre fotogiornalista della Magnum, morto nel 1954 mentre copriva la guerra francese in Indocina, non ha potuto difendersi dalle accuse.
Ma oggi un vecchio audio può riscattare la sua reputazione. Il Centro Internazionale di Fotografia ha scoperto e diffuso un’intervista radiofonica, risalente all’ottobre del 1947, in cui Robert Capa spiega esattamente cos’è successo.
La foto è stata scattata mentre i soldati con cui viaggiava correvano verso una mitragliatrice fascista per abbatterla. “
“Ho scattato la foto in Andalusia mentre ero in trincea con 20 soldati repubblicani, avevano in mano dei vecchi fucili e morivano ogni minuto“. Ho messo la macchina fotografica sopra la mia testa e senza guardare ho fotografato un soldato mentre si spostava sopra la trincea, questo è tutto. Sono stato in Spagna per tre mesi e al mio ritorno ero un fotografo famoso, perché la macchina fotografica che avevo sopra la mia testa aveva catturato un uomo nel momento in cui gli sparavano“
Intervista Robert Capa 1947
La morte di Gerda Taro
Nel luglio 1937 Taro fu uccisa da un carro armato che strinse di lato l’auto su cui si era inerpicata nella ritirata da Brunete. Aveva 26 anni. Capa in seguito dedicò il suo libro Death in the Making,
“a Gerda Taro, che trascorse un anno sul fronte spagnolo e che li rimase. R. C.“
Robert Capa e la Seconda Guerra Mondiale
Dal 1941 al 1945 Capa ha fotografato la seconda guerra mondiale in Europa come corrispondente per la rivista Collier’s e poi Life.
Robert Capa è la liberazione dell’Italia
Nell’estate del 1943 gli alleati liberano la Sicilia. Al seguito dei soldati, Robert Capa, tra una fotografia e l’altra, si incontra con un giovanissimo Camilleri.
Robert Capa documento l’assedio di Troina, avvenuto tra il 31 luglio e il 6 agosto (tra gli scatti raccolti e poi pubblicati anche quello, notissimo, che ritrae il contadino che indica la strada al soldato americano). Durante quell’esperienza, nella Valle dei templi, davanti al Tempio della Concordia, la strada di Robert Capa incrocia quella di un giovanissimo Andrea Camilleri.
“Nella luce abbagliante di quella mattina di luglio, il tempio m’apparve intatto. (Camilleri si era precipitato nella valle dei tempi mentre in bicicletta tornava da Porto Empedocle dove era andato a cercare il padre) Nello spiazzo antistante c’era un soldato americano che stava fotografando il tempio. O almeno tentava. Perché inquadrava, scuoteva la testa, si spostava di qualche passo a sinistra, Scuoteva nuovamente la testa, si spostava a destra. A un tratto si mise a correre, si fermò, cercò un’altra angolazione. Neppure questa volta si mostrò contento. Io lo guardavo meravigliato. Il tempio quello era, bastava fotografarlo e via. Che cercava? Doveva essere un siciliano, lo si capiva dai tratti, forse voleva portare un ricordo ai suoi familiari in America. In quel momento, fummo assordati da un rumore di aerei e di spari. In cielo, ma a bassissima quota, si stava svolgendo un duello tra un aereo tedesco e uno americano. Mi gettai a terra. Anche il soldato si gettò a terra, ma, al contrario di me, a pancia all’aria. Scattava fotografie una appresso all’altra senza la minima indecisione, la macchina tra le sue mani era un’arma, una mitragliatrice. Poi i due aerei scomparvero. Ci rialzammo, gli dissi qualcosa in dialetto. Non capì. Io non parlo inglese, ma qualche parola la capisco. Mi spiegò che era un fotografo di guerra. Mi scrisse su un pezzetto di carta il suo nome: Robert Capa. Per me, allora, un perfetto sconosciuto. Ci salutammo. Ripresi la bicicletta, tanto la strada ora era tutta in discesa”.
Robert Capa e Andrea Camilleri
Robert Capa e il DDay del 6 giugno 1946
Nella seconda ondata del D-Day, il 6 giugno del 1944, sbarcò sulla spiaggia di Omaha Beach. I soldati, immobilizzati da un fuoco tedesco inaspettatamente pesante, cercarono rifugio dove potevano.
Rischiò di morire quando la sua nave con la quale doveva rientrare in Inghilterra fu bombardata e distrutta.
Robert non smise mai di scattare foto e seguì l’operazione sin dall’inizio dal momento della partenza dal porto di Weymouth il 4 giugno imbarcandosi sui mezzi americani, fino allo sbarcò sulla spiaggia.
Fotografò senza sosta per un’ora e mezza con la sua Rollei con la quale scattò quattro rulli da 35 mm.
Riusci ad imbarcarsi su una nave con alcuni medici a boro dopo che il suo mezzo per il rientro fu bombardato e distrutto. Tornato il 7 giugno a Weymouth, Robert Capa spedì immediatamente i rulli e tornò subito in Francia.
Robert Capa e le Magnifici 11
Le pellicole arrivarono la sera stessa negli uffici della testata Life. A causa di un errore da parte dei fotografi incaricati di sviluppare le foto, 3 rulli su 4 vennero rovinati a causa del processo di asciugatura effettuato a una temperatura troppo elevata, rendendoli così inutilizzabili.
L’unico rullo rimasto subì dei lievi danni ma riuscirono comunque a sviluppare i negativi. Le foto, grazie alla loro caratteristica sfocatura, evidenziarono maggiormente la drammaticità dell’evento dando anche maggior percezione dell’impegno degli alleati.
Dei 108 fotogrammi inviati da Robert Capa, la rivista Life ne pubblicò undici recuperati e vennero immediatamente battezzati “Magnificent Eleven“. Queste immagini ispirarono anche Steven Spielberg a girare il film “Salvate il soldato Ryan” e sono le uniche fotografie al mondo che documentano il giorno dello sbarco a Omaha Beach!
Pubblicata su Life il 19 giugno, l’ immagine tremolante del soldato semplice Houston S. Riley con l’ acqua alla gola in un mare di rottami e cadaveri diventa subito l’ icona del D-Day. Però Robert Capa non lo sa ancora. Da un paesino della costa normanna, probabilmente St. Malo, su fogli strappati da un taccuino stenografico sta scrivendo a casa per rassicurare la mamma Julia e il fratello Cornell di essere ancora vivo.
Non era scontato. Dopo due giorni di vagabondaggio riaggancia i colleghi della stampa in un hotel miracolosamente confortevole: li trova che stanno celebrando una veglia funebre per lui. Il comando militare lo ha dato per disperso, anzi «qualcuno ha addirittura visto il mio corpo galleggiare sull’ acqua», scrive, «se mai mi dovrà capitare qualcosa di simile, spero sarà whisky».
Robert Capa e la Magnum Photo
Dopo la guerra il fotografo è diventato ciò che ha sempre affermato di voler essere: un corrispondente di guerra disoccupato. Ha lavorato a una varietà di progetti, tra cui un libro sulla Russia con testo di John Steinbeck. Tornò brevemente alla fotografia di guerra per coprire la guerra d’indipendenza israeliana, 1948-1949.
Nel 1948 aveva realizzato il suo sogno di lunga data. Un’agenzia fotografica cooperativa che avrebbe permesso ai fotografi di concentrarsi sulle storie che li interessavano piuttosto che passare il loro tempo ad elemosinare incarichi.
Gli altri fondatori dell’agenzia fotografica Magnum furono Henri Cartier-Bresson, David Seymour (“Chim“), William Vandivert e George Rodger.
L’eredità di Capa, al di là delle sue meravigliose fotografie, includeva il suo impegno nel coltivare giovani fotografi, poiché il suo aiuto si estendeva oltre al semplice insegnamento, anche a garantire che avessero abbastanza da mangiare e la libertà di lavorare a loro piacimento. Sebbene fosse spesso a corto di denaro, era estremamente generoso nel sostenere gli altri.
Durante un incarico in Giappone, a Capa è stato chiesto di sostituire un fotografo che si occupava della guerra dell’Indocina francese. È stato ucciso quando ha calpestato una mina il 25 maggio 1954, a Thai-Binh.
Per Capa la guerra ha sempre avuto un volto umano. Le sue fotografie, un racconto profondamente commovente della noia, del terrore e della follia della guerra, sono caratterizzate da un appello diretto alle emozioni, alla risposta delle persone comuni a eventi al di fuori del loro controllo.
Le foto ravvicinate di alcune persone esprimono l’impatto emotivo dell’insieme. E le sue foto erano inevitabilmente di persone; belle composizioni di oggetti inanimati non lo interessavano se non esprimevano in qualche modo l’elemento umano, come ad esempio la sua foto di un’elica di aeroplano usata come lapide di un pilota tedesco.
Era appassionato, e quindi le sue foto avevano sempre un certo pregiudizio, ma era un pregiudizio umano. Odiava la guerra, non la glorificava mai e non si considerava mai un eroe.
Nonostante abbia detto: “Se le tue foto non sono abbastanza buone, non sei abbastanza vicino“, non ha mai corso rischi a meno che la foto non lo richiedesse.
Libri
Il diario di Robert Capa sulla sua partecipazione, come fotoreporter di guerra, alla Seconda guerra mondiale è uno dei libri più appassionanti e coinvolgenti che un fotografo abbia mai scritto.
Con uno stile accattivante e ironico, tipico del suo essere, Capa racconta le sue avventure di viaggio, gli incontri fatti, l’atmosfera di quegli anni crudeli ma allo stesso cruciali per buona parte del mondo: l’Europa, l’Africa, la campagna d’Italia a fianco degli alleati, lo sbarco in Normandia, la liberazione della Francia.
Un diario particolare, scritto come una sceneggiatura dal quale si potrebbe trarre un film, ricco di colpi di scena, di storie d’amore, di personaggi intensi, di esperienze forti e drammatiche.
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Maximiliano Fagioli
Fotografo
Fondatore e docente di Corsi di Fotografia, da circa 10 anni si occupa di formazione nel campo della fotografia con all’attivo più di 30 corsi con oltre 500 studenti. Ritrattista e fotografo di matrimonio fa della fotografia un prezioso strumento artistico e di comunicazione. Maggiori informazioni su Max Fagioli Photography